Ma neppure egli si trovava dove ora ci troviamo noi, e quindi una piccola variazione al tema potrà ben starci.
Ore 21 della sera, il pavimento in cotto mi riporta ai ricordi di quando da bambino, la montagne attorno ai miei occhi paiono come avvolte da una soffice coperta di nebbia, le rondini volano basse ed in lontananza, credo un aquila, volteggia alla ricerca della sua cena.
Il silenzio, quella musica che sempre cerchiamo, ci riempie i timpani lasciando in noi il solo desiderio di chiudere gli occhi ed ascoltarlo per ore.
Picos d'Europa, seconda sera del nostro viaggio.
Ci troviamo alla partenza della funivia che porta chissà dove, immersa nella nebbia di un cielo che ama nascondersi ai nostri occhi, scorgiamo appena i cavi di un moderno mondo che sale verso il cielo, scomparire nel nulla, come inghiottito dal silenzio e dalla musica del nulla che a noi tanto piace.
Sono le nostre vacanze e chiunque forse non esiterebbe a rifugiarsi dentro un ristorante.
Ma questo non è ciò che vogliamo ora.
Ci serve stare soli, senza rumori, senza parole, senza null'altro che non sia ciò che effettivamente tanto ci manca e desideriamo.
Acquistiamo una bottiglia di vino, un pezzo di formaggio locale, respiriamo quell'aria, quella nebbia, quel freddo umido di una giornata di pioggia senza fine ed in essa ci lasciamo andare, come se l'inebriante senso di leggerezza che ci pervade, anche grazie all'alcool del vino, vi facesse volteggiare nel cielo reso pesante dalle nubi, esattamente come quell'aquila che non cessa di volare dinnanzi i nostri occhi.
Non posso dire di essere stanco, sebbene i 1046 km di ieri ed i 506 di oggi ci abbiano portati lontani dalla nostra vera realtà. Non posso dire di essere sazio del nostro continuo voler scappare da un mondo che non ci appartiene se non per via del fatto che ci ospita, per fortuna solo temporaneamente.
Non posso dire di essere, perché io non sono, io improvviso solo di essere.
Ma se una cosa posso dire, è di essere ciò che davvero sono, ovvero un solo istante, piccolo e fugace come solo una nostra vita può essere in questo immenso intreccio di vite.
Voglio viverla questa vita, istante dopo istante, lasciando che ognuno di essi accada, senza cercare di guidarli, lasciando che mi scivolino addosso come d'altronde avviene anche se noi non lo desideriamo.
Picos d'Europa, Spagna, è qui che ci troviamo dopo una fuga di soli due giorni, il primo caratterizzato dal non guardarsi mai indietro, scappando per più di 1000 km.
Il secondo invece cercando di guardare intorno a noi per osservare, sempre e solo ciò che ci circonda, per non dimenticare, per poter respirare anche solo per un istante l'aria di un mondo che ci fa sognare.
La pioggia di oggi, il lungo peregrinare con le ruote che ad ogni curva sembrano lasciarti andare a terra. La moto che non molla mai, esattamente come noi, tutto questo è ciò che ci rende liberi, liberi di andare avanti, liberi di essere e nel contempo di non essere ciò che siamo.
Non esiste, per me, altro modo di vivere s non quello di dedicarmi profondamente a quel semplice attimo, quell'istante il quale un attimo dopo è già storia, ma in quel preciso momento è tutto ciò che ho, il mio presente.
Come il mio bicchiere di vino, quel nettare che ora sorseggio cercando di trasmettere un pensiero.
Cercando seppur invano a volte, di far comprendere quanto sia inutile pensare a domani, quanto sia sorpassato il pensiero di ieri, cercando di catalizzare ogni mia forza, ogni mio muscolo sia esso corporeo sia esso celebrale su ciò che di importante io abbia adesso.......questo solo istante.
Vivere, e non sopravvivere, significa guardare oltre quei cavi che nella nebbia trasportano la vita stessa.
Vuol dire saper sognare, saper immaginare cose che poi, solo se vorrai, davvero vedrai.
Vivere vuol dire mettersi alla prova talvolta.
Lasciarsi andare e ascoltare la tua mente, il tuo corpo che scivolando sul mondo un giorno ti sussurrano qualcosa.
Non sempre si raggiungono i propri obiettivi, non sempre i sogni si avverano,
Ma se non sogni, se non chiudi gli occhi almeno per un istante per cercare di immaginarti lassù dove la nebbia segna il confine fra la realtà ed il sogno stesso, non saprai mai cosa in realtà si celi sotto quella soffice coperta che la natura ha scelto di lasciar scivolare su di te stanotte.
Alzo lo sguardo, e mente Gisella scruta le cartine geografiche per programmare il futuro di domani, io vorrei solo essere in grado, almeno per una volta nella mia vita, di fissare il presente.
Come un pittore su di una tela, per invogliarvi a chiudere gli occhi ed immaginare, per spingere me stesso ad essere parte di ciò che vivo, per farmi urlare nel silenzio del Picos d'Europa che anche se non riesco a vederti nitidamente, ti sento, ti sento forte e vicino, sento che ci sei.
La tua aria fredda mi arrossa gli zigomi, mi gela le dita mentre scrivo questo post.
La tua roccia millenaria io la rispetto, così come rispetto ogni cosa che sia frutto del volere della natura.
Questo non significa che io abbia paura di te.
Domani, Gisella, la moto ed io, ti affronteremo e ti supereremo perché se è vero che tu sei quì da millenni, noi abbiamo poco tempo per fare tutto ciò che vorremmo fare.
Per questo ti lasceremo indietro, incastonandoti fra i nostri ricordi ma lottando ad ogni curva affinché tu diventi un ricordo.
Un grande, immenso e indelebile ricordo, ma pur sempre un ricordo.
Noi siamo vivi, e per questo andiamo avanti.
Domani costa Atlantica,
Mai mollare, mai fermarsi, noi non siamo delle montagne.