Solo uno spicchio di mare, non più di mezz'ora di traghetto separano questi lembi di terra l'uno dall'altro eppure......sono come due gemelli completamente differenti fra loro.
La prima, della quale abbiamo già parlato, nera e oscura nel suo sapersi distinguere dal cielo blu e dalle acque di mille tonalità.
Fuerteventura invece, sia da subito, ci catapulta in un mondo che ricordiamo con tanto affetto e tanta nostalgia.
Il colore giallo dell'aria densa ed intrisa di sabbia che direttamente dal deserto del Sahara giunge a bordo di un vento incessante, la tingono e la distinguono per il suo essere terra d'Africa.
È questo che vediamo, è questo che respiriamo.
La sabbia sotto i denti, come anni or sono nelle nostre lunghe cavalcate in Tunisia o il tanto amato Marocco.
Ma anche la Siria, la Giordania ovvero terre strappate al deserto, che grazie al sole inclemente hanno fatto emergere la storia di uomini capaci di vivere la dove i mezzi uomini perirebbero.
Fuerteventura ci pare come un libro di storia, un po' la nostra storia, facendo riaffiorare ad ogni curva un ricordo.
Scenario dopo scenario, panorama dopo panorama, pare quasi che madre natura sia stata in grado di cogliere mille cose da ricordare ed intrappolarle tutte insieme su una stretta lingua di terra che il mare cerca, ogni giorno, di conquistare.
Noi siamo qui, Gisella ed io ci siamo giunti a bordo della nostra moto, con le mille incertezze che un viaggio in moto può avere ma con quei mille e più stimoli cardiaci e mentali che un viaggio in moto può dare.
Spostarsi verso l'interno dell'isola, la dove la strada sale sino a raggiungere i 500 metri sul livello del mare, respirare l'aria del vento che spinge talmente forte da farti valutare con attenzione come parcheggiare la moto sul cavalletto onde evitare che il vento stesso la cappotti in terra, essere la in cima a quel monte, ad osservare altri monti che insieme formano una piccola indimenticabile fortezza, osservare quelle pietre, arse dal sole di millenni, che sono lì incastonate e fragilmente deposte non dall'uomo bensì da una essere che ha deciso di regalarci quell'immagine, ecco......quei dieci minuti passati in quel luogo, per me valgono la fatica del viaggio.
Esserci arrivati, è quasi molto simile all'essrci stati portati.....ma non da la stessa soddisfazione.
Fare quel l'ultima curva, con il vento che ti abbaia nelle orecchie, che ti morde le caviglie e che sterza lui il manubrio cercando di fermare la tua folle corsa. Fare quegli ultimi metri che dalla strada ti portano verso il crinale della montagna dalla quale laggiù in lontananza vedi l'oceano.
Fermere la moto scossa dal vento, aprire la visiera del casco e sentire quell'area secca, aridamente secca che brucia gli occhi e scalfisce le labbra.
Guardare oltre a ciò che vedi sino a vedere ciò che vorresti immaginare, ecco tutto questo è possibile con maggior facilità quando te lo conquisti, quando te lo sudi e quando la stanchezza di un viaggio fa si che il viaggio ora davvero appaia un qualcosa che si materializza.
Viaggiare e conquistare, questo fu per secoli la sorgente di vita per molti uomini.
Conquistare non significa soggiogare, per me, per noi, significa essere in grado di arrivarci, di vivere e di sentire ciò che vedi.
Vedere il vento, sentire il mare, sebbene appaiano frasi disarticolate, non è così.
Fermati la notte ed alza il capo, fissa lo sguardo sul cielo e vedrai il vento spingere le nubi contro la luna , vedrai le palme chinarsi e spettinarsi, vedrai il vento.
Chiudi gli occhi e non lasciare che il sonno abbia in te il sopravvento.
Sii forte e lotta, lotta come il mare, come quelle onde che non smettono mai di cercare un appiglio, un modo per conquistare la terra.
Ascolta le onde che risalgono sulla riva e poi, con un concerto di mille note, i sassi e la sabbia respingono ogni singola goccia d'acqua verso il mare.
Vedere ed ascoltare è differente dal guardare e sentire.
Vedere ed ascoltre è una forma d'arte che dovremmo cercare di avere quando ci sediamo in prima fila, di fronte al palcoscenico di questo teatro che madre natura ci ha preparato.
Va in scena ogni giorno, senza interruzione da millenni.
Gli attori sono dei professionisti che, instancabilmente e senza essere retribuiti, si ripetono in mirabolanti magie.
Noi siamo qui, Gisella ed io, seduti in questa prima fila che Fuerteventura ci ha regalato.
Le onde si fanno grandi, il vento le spinge verso gli scogli a ridosso delle delle dune di sabbia che, con dolcezza ma con fermezza, si immergono sott'acqua.
Il vento in parte pare sorreggere le onde nel suo emergere imponenti dal pelo d'acqua, in parte invece spinge la sabbia verso le onde, quasi come ad innescare un contrattacco dove sia la terra a conquistare il mare.
È avvincente questo duello.
Ed è per questo che siamo qui, per non smettere mai, sino a quando ne avremo il tempo e la forza, di ammirare quanto di grande esiste dietro a ciò che di piccolo ed insignificante, pensiamo davvero esista.
Ore 21.20 delle Canarie, buona serata gente, noi stasera siamo a teatro.
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