Diciamo che mi impegnerò allo spasimo, diciamo che avrei necessità di un qualcuno che rilegga il mio post al fine di correggere eventuali strafalcioni, e per questo mi affiderò alle forze ancora residue e alla fiducia che in lei nutro, chiederò a Gisella di effettuare un check approfondito al fine di evitare strafalcioni ma sopratutto inaudite derive mentali alle quali rischio di cedere con l'aumento di alcool nelle vene.
Intanto, giusto per rendere il tutto più difficile, il mio amico Josè, un portoghese dai capelli color cenere e lo sguardo ammiccante, ci ha appena portato un bicchiere di Porto, giusto così, giusto per rendere ancora più ardua la scrittura di questo post.
Siamo nella zona del Mateus, un vino rosato che io amo sorseggiare anche in Italia, ma che vi garantisco qui ha tutto un altro sapore.
Siamo nell'entroterra di Porto, in una zona di vigne, dove la temperatura di oggi sfiorarla i 40 gradi ma ora, grazie al leggero vento serale, rende l'atmosfera silente e fresca, solo un cane che abbaia, forse ai cinghiali, rompe il silenzio che il Mateus, il Porto ed il cielo che si fa scuro per la notte, riescono a creare.
Negli ultimi due giorni avevamo incastonato una serie di momenti importanti, programmandoli sulla nostra carta del destino prossimo, indicandoli come quegli istanti che caratterizzano una vacanza.
In particolare erano tre, la strada che costeggia la costa atlantica scendendo verso sud, chiamata la costa della Muerte, il famoso è catalizzante luogo sacro di Santiago de Compostela ed infine il luogo dove la terra si pensava finisse, ovvero Finis Terrae, ovvero al km 0 ( zero ) del cammino di Compostela.
L'attesa è forte, le aspettative tante, come sempre d'altronde quando ci si reca in luoghi famosi e visitati da miriadi di persone.
Ma come spesso accade, e credetemi......accade, ciò che per altri magari è davvero ed indiscutibilmente grande cosa, per noi non lo è.
La costa della Muerte, ovvero la dove si narra che decine di imbarcazioni vennero schiantate sugli scogli a causa della forza delle onde uccidendo tutti gli uomini dell'equipaggio.....in questi giorni di mare calmo e sole acceso, appariva ai nostri occhi come un amorevole gattino che fa giusto le fusa.
Le onde, non più alte di qualche centimetro, lambivano gli scogli con un leggero scroscio d'acqua, tanto tenue da sembrare impercettibile alle orecchie.
Finis Terrae, la dove migliaia di pellegrini, primo fra tutti San Giacomo, si recò per contemplare il luogo dove il mondo termina e nel farlo raccolse la sua famosa conchiglia da appendere al bastone di supporto che ogni viandante che si rispetti possiede, in realtà oggi è un faro, circondato di antenne e ripetitori telefonici ed all'ingresso del camminamento una serie di bancarelle di soveunir sono lì per sfilarti qualche euro dalle tasche.
La natura quella no, quella non tradisce mai, e le onde che si infrangono sugli scogli, gli stessi che questo signor Giacomo, poi diventato santo grazie all'uomo che deciso di renderlo tale, sono ancora lì per noi.
Gratuitamente, ogni secondo, per tutto il giorno e la notte, ogni giorno dell'anno per secoli.....sono lì che cesellano le pietre solo grazie alla instancabile forza di volontà che solo una goccia del mare può avere.
Mi perdo un po' nell'osservare questo spettacolo, ma il tempo corre e noi dobbiamo e vogliamo andare a Santiago.
Ci teniamo anche perché vogliamo respirare quel l'aria, voglio vivere la ragione che spinge donne e uomini di tutto il mondo a percorrere centinaia di km a piedi per raggiungere un luogo.
Qualcosa di speciale ci deve essere, ed io lo voglio sentire.
Arrivati a Santiago, parcheggiamo la moto e, senza la presunzione di essere gioiosi come chi lo ha conquistato a piedi, ci dirigiamo verso la cattedrale.
Un luogo, una storia, una atmosfera che dovrebbe poter trasmettere emozioni passo dopo passo mano a mano che ti avvicini.
Io, nella mia anonima aurea critica, cercavo, annusavo, passavo ai raggi X ogni dove ma non riuscivo a scorgere altro che negozi di souvenir, bancarelle di conchiglie fasulle e suonatori, seppur bravi, ma sempre e solo alla ricerca di un euro per sbarcare il lunario.
Ho avuto modo di osservare chi a piedi, con mille fatiche, in quel luogo ci è giunto affidandosi alle sue sole forze fisiche.
Li guardavo e notavo come fosse quasi più importante l'impresa fisica di essere stati in grado di raggiungere quel luogo che il fatto di aver raggiunto un luogo simbolo di penitenza mistica.
Non voglio e non posso giudicare.
Ma avendo viaggiato in luoghi dove il sentirsi vicino a Dio non rappresenta l'essere visibili e fotografabili in una piazza, bensì essere soli, in un luogo dove se senti davvero qualcosa o qualcuno oltre a te, questi non può che essere Dio, avere attorno a me migliaia di persone, dove ognuna di esse era intente a farsi un selfie con lo smartphone per poterlo postare su qualche social network , ecco, tutto questo ci ha fatto venire una gran voglia di fuggire.
Mateus, ore 21 portoghesi, le 22 in Italia.
Attorno a noi abbiamo nell'ordine: un gatto che penso abbia visto giorni migliori. Una fontanella che con il suo perenne e dolce sciacquio pare essere nata per poterci aiutare a prendere sonno. Un bicchiere di vino, donatoci da Josè il mio nuovo amico Portoghese che non sapevo di avere ma che sono ben grato di aver conosciuto.
E forse qualcun altro, magari proprio lui, colui che alle bancarelle con le conchiglie finte, i suonatori di violino a pagamento, le visite guidate dentro le cattedrali, come noi preferisce un luogo semplice, isolato ma denso di ogni suo essere vissuto, fino in fondo, fino al suo intimo,e se questo è vero e se Dio esiste, sono certo, non lo troverò mai nascosto dietro il sagrato di una cattedrale che posso visitare solo pagando,
Forse, con molte probabilità avrò più possibilità di trovarlo nascosto dietro un file d'erba, sfibrato dal vento, cotto dal sole, rinfrancato dalla frescura di una sera Portoghese.
Se così sarà......avrò un goccio di vino Matteus anche per lui.
Sarà mica un peccato bersi un bicchiere con un vecchio amico ?
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